Scultura

Nelle mie sculture privilegio la terracotta

sculturamini22Nelle mie sculture privilegio la terracotta ( o meglio la più resistente terra refrattaria) che più di ogni altra con la sua duttilità mi permette di “far emergere l’immagine, quella che sta nuotando nel più profondo inconscio, “pur senza dissolvere i valori di peso, di massa e di volume.

Questa esperienza sulla terra refrattaria  prende compiutamente forma nelle “Metamorfosi” e mi permette di consolidare le ragioni, antiche e più recenti, del mio lavoro.

La questione,  per me è di comprendere come dalla materia,  altra cosa dal supporto (che nel mio caso quello che privilegio è il refrattario),  possa affiorare l’immagine, una traccia che “nuota” nell’inconscio, un simbolo che dovrà mostrarsi attraverso il lavorio complesso e lungo della costruzione linguistica, per divenire comunicabile.

L’argilla, la ceramica, il crudo e il cotto pongono., dunque, gli stessi problemi suggeriti da qualsiasi altro supporto. Questo non significa, però, che la materia non abbia specifiche modalità strutturali di cui non si debba tenere conto. Si avverte soltanto che, in assenza di materie privilegiate, la tela non vale più della carta e il legno più dell’argilla.
… … …

… … …

La materia è una superficie sulla quale nell’intreccio dei segni e dei simboli, si formano e si disfano, in una vertigine, immagini  e figure, appaiono insane geometrie e con l’applicazione ceramica che ho realizzato risplendono colori. che con la loro cromaticità, peraltro volutamente soffusa e ridotta al minimo, perché per me è più importante l’aspetto scultoreo che coloristico, violano ogni rigidità e evidenziano, con una maggiore esasperazione delle ombre, il gioco di pieni, di vuoti, di anfratti e di intrecci  propri del mio lavoro .

La superficie è, dunque, il luogo, mobile e inquieto, sul quale si svolge la drammaturgia dei segni e del colore, della geometria e del collasso della geometria. E’ lo spazio dove si consuma la prospettiva classica che, per me è la “forma più repressiva della fantasia che si possa immaginare” dove si aprono orizzonti insospettati e necessari.

E’ con le “Metamorfosi” l’avvio della ricerca alla quale voglio infondere l’impalpabilità dei sogni, il loro lato ambiguo, ambivalente, plurale, voglio iniettare i veleni del delirio che sono per me l’unica realtà possibile.

Nascono, così, da questa necessità le mie opere. Ma perché gli anfratti, i vuoti? Perché le mie opere sono costruzioni automatiche della mente , a volte sbilenche e sempre incerte. Non offrono allo sguardo un punto di vista unitario, ma, continuamente, mettono in discussione proprio la possibilità che un luogo privilegiato  rigorosamente geometrico possa esistere. E’ la sottolineatura che la geometria e le sue figure, più che misura e organizzazione di uno spazio omogeneo, sono un gioco di linguaggio tra gli altri, perché la pittura, l’arte, l’argilla, la scultura non sono mai riconducibili (riducibili) a trasparenti forme geometriche.

Le “Metamorfosi” sono momenti che scandiscono, uno accanto all’altro, un disegno complesso. L’idea, appunto, che l’arte non è l’apparizione di un’opera, ma una continuità di valori, di tentativi e rotture, di pause e riprese. Le “metamorfosi”,  come materia nella quale scavo segni e tracce, sono un’altra stazione della riflessione e della pratica  sui limiti della geometria come modello di purezza assoluta e della prospettiva come rappresentazione di uno spazio unitario: passaggi per indicare una dimensione plurale dello spazio, tentativi per “rappresentare l’invisibile”. Dove, però, l’invisibile è solamente la trama del visibile, la sua alterità.

Anzitutto, ho marcato il definitivo “dissolvimento della forma geometrica”, il suo declino e il suo collasso. Poi, ho insistito sull’opportunità di pensare una forma  non più determinata dalle leggi del calcolo e dell’ottica, ma da  slittamenti, smottamenti, anfratti che la memoria produce sui dati della percezione visiva.

Lo spostamento dalla percezione alla memoria, dal retinico all’immaginario è il compito che attende l’artista: un nuovo compito. L’occhio non è mai sufficiente a restituirci la complessità della mente, della scultura che resta, comunque, un fatto mentale.

Bisogna considerare, oltre l’occhio, anche tutti quei materiali inconsci venuti alla coscienza da quegli stati del profondo, ai quali è stato possibile arrivare. Così penso la forma come misura geometrica ma anche (e insieme) come simbolizzazione di processi inconsci.

Le “Metamorfosi” suggeriscono, dunque, la fine delle certezze e l’avvento di una diversa qualità del segno, la crisi dell’opera non solo come macchina rigorosamente linguistica ma come macchina di segni (e di relazione di segni) capace di fare slittare i significati, di biforcarli, di deviarli e cancellarli, di distorcerli per fare affiorare nel corpo stesso dell’argilla altre possibilità e infinite aperture. Aperture che sono in atto nei miei progetti per approfondire e sviluppare  le mie necessità creative.

sculturamini21

Nelle mie sculture privilegio la terracotta ( o meglio la più resistente terra refrattaria) che più di ogni altra con la sua duttilità mi permette di “far emergere l’immagine, quella che sta nuotando nel più profondo inconscio, “pur senza dissolvere i valori di peso, di massa e di volume.
Questa esperienza sulla terra refrattaria  prende compiutamente forma nelle “Metamorfosi” e mi permette di consolidare le ragioni, antiche e più recenti, del mio lavoro.
La questione,  per me è di comprendere come dalla materia,  altra cosa dal supporto (che nel mio caso quello che privilegio è il refrattario),  possa affiorare l’immagine, una traccia che “nuota” nell’inconscio, un simbolo che dovrà mostrarsi attraverso il lavorio complesso e lungo della costruzione linguistica, per divenire comunicabile.
L’argilla, la ceramica, il crudo e il cotto pongono., dunque, gli stessi problemi suggeriti da qualsiasi altro supporto. Questo non significa, però, che la materia non abbia specifiche modalità strutturali di cui non si debba tenere conto. Si avverte soltanto che, in assenza di materie privilegiate, la tela non vale più della carta e il legno più dell’argilla.
… … .